L'altro giorno Matteo Renzi ha dato una lunga intervista a Barbara Palombelli. La Palombelli ha una nuova trasmissione su Rete 4, molto simile come collocazione e taglio a 'Otto e mezzo'. E' anche la consorte di Francesco Rutelli, uno dei primi padri spirituali del Renzi, dai tempi de 'la Margherita'.
In questo campo amico (almeno fino all'arrivo dei giornalisti ospiti) ha pure presentato 90 secondi del suo documentario su Firenze. Iniziano al punto 00:45 del video, poi c'è un altro spezzone meno interessante sul calcio storico(*). Il 'docufilm' di Renzi ha già suscitato molte polemiche. Probabilmente questo è del tutto intenzionale. Comunque il 'senatore di Scandicci' ha bloccato per qualche ora piazza Duomo per le riprese, e, in parte, monumenti come Palazzo Medici-Riccardi. Tutto naturalmente legittimo, ma forse politicametne inopportuno, visto che a Palazzo Vecchio c'è sempre uno strettissimo alleato come Dario Nardella.
C'è anche chi ha visto nell'operazione proprio i prodromi di una candidatura a sindaco di Firenze dello stesso Renzi, scalzando Nardella, per le prossime amministrtive del 2019. Lo trovo improbabile: metterebbe Renzi in una posizione o da Cincinnato oppure da pensionato politico.
La presunzione e la voglia di riemergere del Nostro credo siano ancora troppo forti, a meno che non preveda davvero di darsi, una volta esaurita questa legislatura, totalmente alla televisione.
Sicuramente anche con questo minuto e mezzo di anteprima si possono trarre alcune conclusioni.
1) È (anche) una operazione promozionale a stretto favore di Renzi. Si parte con una ripresa dal drone di Firenze, manco stesse arrivando il Papa in elicottero. Poi la sequenza accelerata fatta con una steadicam nel corridoio degli Uffizi. Una rapida introduzione che porta all'inquadratura di un personaggio di spalle, racchiuso in un oblò.
Che si rivela immediatamente come Il Grande Matteo Renzi.
2) Altro che arte. L'oblò merita una digressione. Sembra proprio, nell'angusta dimensione del video, lo sportello di una lavatrice. Così è stato definito da più parti questo nuovo allestimento della 'sala di Michelangelo' da parte del nuovo curatore tedesco del museo, Eike Schmidt. Già due anni fa la sala del Botticelli era stata rivoluzionata con questi cassoni enormi che racchiudono a mo' di cornice ipertrofica i 'capolavori'. È una tendenza ormai piuttosto diffusa. Pochi giorni or sono a Palazzo Zevallos a Napoli ho visto in una sala esclusivamente dedicata a questo solo dipinto, il 'Martirio di Santorsola' del Caravaggio in un cassone blu scuro. Ho visto circa un mese e mezzo fa quelle stesse sale agli Uffizi. Mi sembra che si perda il criterio di esposizione museale prevalente nel Novecento, che ad opere di gran pregio affiancava dipinti o sculture di minor valore per fare risaltare le prime, filologicamente. Con gli allestimenti 'schmidtiani' il cosiddetto capolavoro diventa una sorta di 'totem' da ammirare per un po' in religiosa riverenza, o almeno assaporando il vero momento 'clou' per cui si è pagato il (salatissimo) biglietto di ingresso. Una ulteriore banalizzazione, temo. E quando ho visitato proprio quella sala ho visto un paio di turiste appoggiarsi con le terga proprio sulla parte inclinata della 'cornice', usata a mo' di predellino: con la schiena pericolosamente rivolta al vetro che dovrebbe proteggere dipinto. Senza che i custodi dicessero nulla, posto che se ne siano accorti.
3) L'oblò del Tondo Doni da cui virtualmente Renzi comincia la sua esposizione serve soprattutto a inquadrare Matteo Renzi. Il dipinto in se, pare un dettaglio. Può darsi anche che nel documentario completo diventi il protagonista, ma ne dubito. Il 'cicerone' sembrava molto più a suo agio dalla Palombelli che nel documentario. La dizione è troppo impostata, sembra sforzarsi come quando parla in inglese o quella sorta di parodia della lingua del Bardo ostentata dall'ex p.d.c. A volte ammicca verso un invisibile collaboratore dietro la telecamera.
4) Sul Tondo, Renzi racconta l'aneddoto di Michelangelo, Agnolo Doni, e il raddoppio del prezzo dell'opera dopo un tentativo del mercante di farsi fare lo sconto. E' una storiella da 'cicerone' buona per intrattenere qualche bonario turista, raccontata così. Nulla più. Che ci importa del 'caratterino' di Michelangelo? Non è certo la 'bellezza che salva il mondo' questa. Eppure, si potrebbe fare, con piccolo sforzo qualcosa di meglio. Renzi però non lo fa. L'episodio in realtà risale al Vasari delle 'Vite'. Naturalmente è narrato nell'ultimo capitolo, quello dedicato appunto a 'Michele Agnolo'. È facile trovare online la monumentale raccolta biografica del pittore aretino, il suo italiano antico è ancora piuttosto comprensibile anche se c'è chi si ostina a 'tradurlo' in lingua moderna. La storia è lì, anche se Renzi, se possibile, la colora molto di più del Vasari. Certo, c'è un piccolo problema: la maggior parte degli storici dell'arte di oggi ritengono questo episodio se non poprio una invenzione vasariana, perlomeno una sua esagerazione. Lo stesso ad esempio si pensa della storia di Leonardo e dell'arcigno priore milanese del Giuda dell'Ultima Cena. Non avrebbe dovuto parlarne? Fake news? No: magari bastava sottolineare la cosa, e notare, come fanno quegli stessi storici in libri non certo dedicati ai soli specialisti, che sì, forse l'episodio non è mai avvenuto, ma comunque segnava un momento in cui l'artista, da artigiano che spesso non firmava le sue opere e rimaneva persino senza nome, diventa un personaggio chiave della vita culturale del suo tempo. Ma forse questo avrebbe tolto troppo spazio al faccione di MATTEO RENZI.
(*) Sul calcio storico Renzi abbozza qualche chiacchera sull'eleganza e l'aggressività del popolo fiorentino. Sarà divertente ascoltare il proseguimento nel documentario finito: temo che anche questa volta non si ricorderà che il calcio storico di oggi non è che una tardiva rievocazione che di deve ad Alessandro Pavolini, federale di Firenze.
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