Tuesday 19 January 2010

Cinesi in Toscana II

Stamattina, un po' in tarda mattinata, la notizia sui cinesi in Toscana era questa - un commerciante di Empoli ha messo in vetrina un cartello che vietava l'ingresso ai "cinesi che non parlano italiano". Apriti cielo, il sindaco si strappa le vesti, manda i vigili a fare controlli - i controlli contro gli schiavisti di Prato passando subito in secondo piano, due righe sulle home page dei siti dei due quotidiani più letti on line...

Ora: sono iniziative di cattivo gusto, come minimo, ma spesso dettate dall'esasperazione. In una cittadina a pochi chilometri da Empoli ho visto sulla vetrina di un bar per settimane un cartello che vietava l'ingresso ai "Marrocchini che si comportavano da maleducati" o qualcosa di simile, errori di ortografia compresi. La cosa non è giunta all'orecchio di nessun pennivendolo, o non era il momento giusto. Dopo un po' il cartello è stato tolto.

Ma per ammirare il comportamento e il livello dei maghrebini della suddetta cittadina basta recarsi in qualsiasi momento della giornata, e della notte, nei pressi della recentemente rinnovata Stazione Ferroviaria (senza sala d'aspetto, ma con una farmacia e una agenzia viaggi nuova di zecca).

Tornando ad Empoli: giornalisti e sindaco possono strapparsi le vesti, però i cinesi che fanno finta di non parlare italiano per poter fare i loro comodi esistono eccome. Ormai sono un luogo comune: solo che questo non è scandaloso. L'altra settimana ero proprio alla stazione di Empoli: un treno era in ritardo, ho pensato, come molti altri, di fare dei biglietti per il giorno successivo.
La biglietteria chiuede alle 20.30, a quell'ora viene servito solo il cliente allo sportello e non gli eventuali altri in coda, com'è giusto. C'è anche un cartello in cinese in bella vista che - credo - lo ripete. Beh era già tardi, due persone dai tratti evidentemente asiatici, un po' male in arnese, si sono messi davanti alla coda che si era formata. Di fronte alle ripetute proteste delle altre persone in attesa, hanno fatto capire di non capire l'italiano. Certo, perchè tanta fretta se non capivano l'italiano e - evidentemente - nemmeno il cartello?
Mistero: arrivati allo sportello hanno preteso di essere serviti subito. Il bigliettaio si è fortunatamente rifiutato di vendergli i biglietti, anche perché qualcuno ha avuto l'incredibile ardore di andare a mettersi davanti ai due tangheri.

Questo però non fa notizia: la maleducazione vera è nei cartelli attaccati alle vetrine. Che del resto sono di proprietà di veri e propri padroni delle ferriere che di questo passo cominceranno ad essermi del tutto simpatici per la prima volta in tutta la mia vita.


Cinesi in Toscana I

Stamattina, sul presto, la notizia sui cinesi in Toscana era questa - una maxi retata in grande stile nella zona industriale di Prato. Naturalmente controlli ce ne sono sempre stati, che hanno evidenziato non solo situazioni di irregolarità, ma spesso di vera e propria schiavitù. Che parlando chiaro sono chiare a chiunque si sia mai fatto un giro nella zona che va dall'Osmannoro al Macrolotto - per rimanere nella pianura immediatamente ad ovest di Firenze.

E' la prima operazione del genere. Scrivono i giornali: parlandoci ancora chiaro, i problemi con gli abusi da parte di imprese gestite da cinesi nella zona ci sono da - almeno - un quindicennio. Possibile che si sia dovuto aspettare tutto questo tempo per avere finalmente un, uno solo per ora, un controllo serio ?

Si è possibile:come è possibile leggere, basta scorrere il link che ho messo al Corrierino Fiorentino, del console cinese che parla di concorrenza sleale perché ora vengono fatti più controlli. O di Marco Wong del Partito Democratico - che parla di repressione perché finalmente viene fatta rispettare seriamente la legge (e, caro Wong, lo Statuto dei Lavoratori - il console cinese forse non sa di cosa si tratta, lei invece dovrebbe).

Se in Italia ci saranno altre Rosarno, Prato potrebbe benissimo essere il teatro di una delle prossime edizioni. La via per evitare che questo si verifichi è quella tracciata - pare - dalle forze dell'ordine. La via per assicurarlo è quella dell'ineffabile console e da Wong-del-PD.



La realtà romanzesca II - "Come Garibaldi"

Stamattina, ancora molto assonato, sono andato in cucina a fare colazione. Ho acceso la TV: RAI1, la trasmissione è Uno Mattina. Ospite... si è proprio lui, Gianni De Michelis. Il vecchio avanzo di balera, ora consulente (un favore da pochi euro) per il fustigatore di costumi ministro Brunetta... E' a commemorare Bettino Craxi. Un grande statista del secolo scorso, dice. Uh.. Era come Garibaldi - sostiene. Forse non mi sono svegliato del tutto. Eppure ora, tornato a casa, trovo la prova che De Michelis il paragone lo ha già fatto:


La realtà romanzesca I - Zoolander

Nel 2001 è uscito un film americano piuttosto divertente, Zoolander con Ben Stiller. Il filmetto, che ha un discreto status di cult movie, presentava tra le altre cose l'ultima linea di moda dello stilista Mugatu (il nome deriva da una specie aliena di Star Trek) - la linea di moda Derelict ispirata agli homeless, i clochard senza tetto. Beh, neanche 10 anni dopo non è più satira evidentemente...


IN DIRETTA DALLE SFILATE

Westwood: meglio homeless che banchieri

di Simone Marchetti
Arrabbiata, ironica e controcorrente. La più terribile degli stilisti si scaglia contro il sistema delle banche e degli scempi ecologici. Lanciando il look “homeless”
I modelli sembrano usciti da una baraccopoli o da una favelas. In passerella, litigano, si insultano, cadono esausti. Sono i protagonisti del nuovo show di Vivienne Westwood, un inno agli homeless e un j’accuse al sistema delle banche che hanno avuto una colpa pesante all’interno della recente recessione economica

Tuesday 12 January 2010

Si chiama Pietro, ritorna indietro.















Secondo un certo נחום nella mailing list Kalot (che non sembra avere un archivio web linkabile) sarebbe apparso questo intervento:

Il papa e gli ebrei

Riparazioni e restituzioni

Scialom Bahbout

Fervono i preparativi per la riapertura della Biblioteca Vaticana -
chiusa per restauro dal settembre 2007 - prevista per il prossimo
settembre (Corriere della sera del 7/01/10). E' noto che la biblioteca
contiene una notevole quantità di incunaboli e manoscritti ebraici di
Bibbia, Talmud, halakhà, commenti etc che, almeno in parte a mio parere,
dovrebbero trovarsi in altre biblioteche, ad esempio la Biblioteca
Nazionale di Israele a Gerusalemme. In base a quali principi, mi si
chiederà.

Bene, una delle domande che dovremmo porci per quanto riguarda ciascuno
dei manoscritti, incunaboli etc, è quale sia la sua provenienza: se e
come sia stato acquistato, se sia stato sottratto ad ebrei nel corso dei
secoli, se sia stato trovato, magari dopo un pogrom o quant'altro.

In linea di principio, possono essere applicati in questo caso varie
norme: norme relative al furto, norme relative alla restituzione di un
oggetto smarrito, norme relative al "non mostrare disinteresse" per un
oggetto smarrito (lo tukhàl lehit'allem). Per un oggetto smarrito si può
applicare anche il principio di "jeush" (rinuncia) che può essere
"consapevole (midda'at) o "non consapevole" (shelo midda'at): è chiaro
che, a meno che non sia costretto, nessun ebreo rinuncerebbe mai a un
testo di studio di Torà.

L'analisi dell'applicazione di questi principi è complessa e non può
essere fatta in questa sede. La difficoltà a individuare gli antichi
padroni potrebbe essere una scappatoia non restituire gli oggetti.
Ritengo tuttavia che, anche se sono trascorsi molti secoli da quando
l'oggetto è stato sottratto o perduto, il principio della "rinuncia" non
potrebbe essere applicato seriamente, anche perché esistono degli eredi
e questi sono gli ebrei del mondo: ci si potrebbe/dovrebbe comportare
come è stato fatto, ad esempio, per la restituzione dell'obelisco di
Axum all'Etiopia nel 2002. Oggi che esiste in Israele, un centro
culturale e politico ebraico internazionale universalmente riconosciuto,
mi sembra che quello potrebbe/dovrebbe essere l'indirizzo più naturale a
cui restituire tutti quegli oggetti (come manoscritti, incunaboli etc)
che, per un motivo o per un altro, non si trovano nel posto giusto. Così
ha fatto la Germania Federale quando ha voluto "riparare" i danni
materiali subiti dagli ebrei durante la persecuzione nazista.

L'annunciata visita di Papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma
potrebbe/dovrebbe essere l'occasione per un opportuno gesto riparatore.

Mi risulta che Babhout sia un professore universitario di Fisica ed un rabbino: sicuramente le sue opinioni sono da prendere con rispettosa considerazione, però questa volta di primo acchito mi è venuto subito da pensare a un improbabile pogrom da parte di contadini russi che oltre a mettere a ferro e fuoco il ghetto si prendono la briga di intascare i "preziosi incunaboli" da rivendere forse al nunzio apostolico a Mosca. O ad una scena simile nella quale il ruolo del massacratore bibliofilo è interpretato dal crociato o dal villico europeo dei secoli precedenti.

Come dicevo, un po' improbabile. Sono notissimi gli episodi di confische di libri ebraici, principalmente il Talmud, ma il loro scopo per quanto ne sappiamo era essenzialmente la distruzione dei medesimi.


Francamente mi è anche venuto da pensare ad alcuni passaggi del pamphelet Ebraismo virtuale di Ariel Toaff relativi ad un certo vittimismo di prammatica da parte degli ebrei della diaspora, unito a una concezione della propria storia dalle basi, diciamo così, traballanti ed autoreferenziali. Sono anche stanco di vedere il Vaticano e la Chiesa Cattolica accusati un giorno sì e uno ...anche, di ogni nefandezza.

La cosa divertente - basta riflettere un attimo - è che la Biblioteca Vaticana non è esattamente un'istituzione da poco. Non è certo una biblioteca di quartiere, è vecchia quasi quanto la stessa Chiesa Cattolica, ed ha una storia documentata.

Uh-oh: al link appena riportato si parla anche di provenienza dei manoscritti ebraici. Si da anche il caso che per ironia della sorte il fondo di manoscritti ed incunaboli ebraici sia stato recentemente catalogato. Recentemente catalogato dalla Biblioteca Vaticana in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Israele. La stessa citata da Babhout.

Sul sito della stessa National Israel Library si trova addirittura il catalogo in formato PDF degli scottanti manoscritti vaticani. Con un'agile introduzione storica che raccomando di leggere. Vi si parla di pogrom? No. Di spoliazioni? No. Di confische? No. C'è qualcosa del genere nelle 700 pagine rimanenti del catalogo? Non le ho lette tutte, ma direi di no.

In un articolo relativo alla presentazione del catalogo apparso qui Mons. Fumagalli, bibliotecario all'ambrosiana di milano e giudaista, scrive che "L’aggiunta di un Indice nei nomi dei censori avrebbe, credo, potuto facilitarci nel riconoscere che spesso i codici, recanti le firme dei censori dell’Inquisizione, i passi censurati, le annotazioni, sono anche testimonianza di drammi personali umanissimi, e provengono per vie dirette o indirette da sequestri.". Però del credo e del condizionale di Fumagalli non si trova riscontro nei lavori dei più ...diretti interessati alla restituzioni dei preziosi manoscritti. Viene anche menzionato - a vanvera - l'episodio di Menahem ben Aharon da Volterra, vittima di un saccheggio sì, ma perpetrato da Federico da Urbino ai danni di tutta Volterra, non solo degli ebrei.

I bibliotecari di Roma e Gerusalemme credo siano animati da un sincero amore per la cultura e i libri, che li spinge a conservarli e a spendere le proprie energie per far si che il loro contenuto sia trasmesso fedelmente nel tempo.

Chi oggi ai libri è interessato più per il loro valore simbolico e politico, ora in qualità di ennesima riparazione per i torti subiti nei secoli dei secoli, in fondo appartiene - mi spiace dirlo - un po' alla stessa genìa di chi in passato i libri li censurava, e alla fine li bruciava.

Sunday 3 January 2010

ELENA-Verfahren



















Qualche giornale italiano ieri ha parlato dell'avvio del sistema ELENA in Germania. I toni come al solito sono apocalittici, e - cercando sui media tedeschi - trovano qualche riscontro solo nelle critiche dei verdi e della Linke.

E' curioso che si debba ricordare che i confronti sono fatti con il Grande Fratello orwelliano e non con il reality show che ormai - incredibile dictu - impesta da più di dieci anni le televisioni di tutta Europa.

Ma in pratica ELENA è un sistema per comunicare al governo i dati sulla retribuzione dei dipendenti e poco altro. Pare che i dati saranno anonimizzati e che certe informazioni sensibili di cui parlano ancora i giornali, come le partecipazioni agli scioperi, sono già state escluse dalla raccolta. Può anche darsi che dopo un periodo di rodaggio porti a risparmi effettivi e ad una maggiore riduzione degli abusi relativi alle prestazioni dello stato sociale tedesco, come sarebbe nelle intenzioni degli ideatori. Rispetto a sistemi analoghi in corso di implementazione in Italia (in altri settori) che mi sta capitando di esaminare per lavoro noto perlomeno che il processo è stato abbastanza trasparente: i dettagli sono noti da diverso tempo, le modalità realizzative sembrano plausibili, i costi caricati sui privati cittadini e le aziende paiono ragionevoli. Posso assicurare che per un progetto simile che - forse - qui dovrebbe partire a giorni la situazione è diametralmente opposta. Magari avessimo il GF crucco...