Tuesday 12 January 2010

Si chiama Pietro, ritorna indietro.















Secondo un certo נחום nella mailing list Kalot (che non sembra avere un archivio web linkabile) sarebbe apparso questo intervento:

Il papa e gli ebrei

Riparazioni e restituzioni

Scialom Bahbout

Fervono i preparativi per la riapertura della Biblioteca Vaticana -
chiusa per restauro dal settembre 2007 - prevista per il prossimo
settembre (Corriere della sera del 7/01/10). E' noto che la biblioteca
contiene una notevole quantità di incunaboli e manoscritti ebraici di
Bibbia, Talmud, halakhà, commenti etc che, almeno in parte a mio parere,
dovrebbero trovarsi in altre biblioteche, ad esempio la Biblioteca
Nazionale di Israele a Gerusalemme. In base a quali principi, mi si
chiederà.

Bene, una delle domande che dovremmo porci per quanto riguarda ciascuno
dei manoscritti, incunaboli etc, è quale sia la sua provenienza: se e
come sia stato acquistato, se sia stato sottratto ad ebrei nel corso dei
secoli, se sia stato trovato, magari dopo un pogrom o quant'altro.

In linea di principio, possono essere applicati in questo caso varie
norme: norme relative al furto, norme relative alla restituzione di un
oggetto smarrito, norme relative al "non mostrare disinteresse" per un
oggetto smarrito (lo tukhàl lehit'allem). Per un oggetto smarrito si può
applicare anche il principio di "jeush" (rinuncia) che può essere
"consapevole (midda'at) o "non consapevole" (shelo midda'at): è chiaro
che, a meno che non sia costretto, nessun ebreo rinuncerebbe mai a un
testo di studio di Torà.

L'analisi dell'applicazione di questi principi è complessa e non può
essere fatta in questa sede. La difficoltà a individuare gli antichi
padroni potrebbe essere una scappatoia non restituire gli oggetti.
Ritengo tuttavia che, anche se sono trascorsi molti secoli da quando
l'oggetto è stato sottratto o perduto, il principio della "rinuncia" non
potrebbe essere applicato seriamente, anche perché esistono degli eredi
e questi sono gli ebrei del mondo: ci si potrebbe/dovrebbe comportare
come è stato fatto, ad esempio, per la restituzione dell'obelisco di
Axum all'Etiopia nel 2002. Oggi che esiste in Israele, un centro
culturale e politico ebraico internazionale universalmente riconosciuto,
mi sembra che quello potrebbe/dovrebbe essere l'indirizzo più naturale a
cui restituire tutti quegli oggetti (come manoscritti, incunaboli etc)
che, per un motivo o per un altro, non si trovano nel posto giusto. Così
ha fatto la Germania Federale quando ha voluto "riparare" i danni
materiali subiti dagli ebrei durante la persecuzione nazista.

L'annunciata visita di Papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma
potrebbe/dovrebbe essere l'occasione per un opportuno gesto riparatore.

Mi risulta che Babhout sia un professore universitario di Fisica ed un rabbino: sicuramente le sue opinioni sono da prendere con rispettosa considerazione, però questa volta di primo acchito mi è venuto subito da pensare a un improbabile pogrom da parte di contadini russi che oltre a mettere a ferro e fuoco il ghetto si prendono la briga di intascare i "preziosi incunaboli" da rivendere forse al nunzio apostolico a Mosca. O ad una scena simile nella quale il ruolo del massacratore bibliofilo è interpretato dal crociato o dal villico europeo dei secoli precedenti.

Come dicevo, un po' improbabile. Sono notissimi gli episodi di confische di libri ebraici, principalmente il Talmud, ma il loro scopo per quanto ne sappiamo era essenzialmente la distruzione dei medesimi.


Francamente mi è anche venuto da pensare ad alcuni passaggi del pamphelet Ebraismo virtuale di Ariel Toaff relativi ad un certo vittimismo di prammatica da parte degli ebrei della diaspora, unito a una concezione della propria storia dalle basi, diciamo così, traballanti ed autoreferenziali. Sono anche stanco di vedere il Vaticano e la Chiesa Cattolica accusati un giorno sì e uno ...anche, di ogni nefandezza.

La cosa divertente - basta riflettere un attimo - è che la Biblioteca Vaticana non è esattamente un'istituzione da poco. Non è certo una biblioteca di quartiere, è vecchia quasi quanto la stessa Chiesa Cattolica, ed ha una storia documentata.

Uh-oh: al link appena riportato si parla anche di provenienza dei manoscritti ebraici. Si da anche il caso che per ironia della sorte il fondo di manoscritti ed incunaboli ebraici sia stato recentemente catalogato. Recentemente catalogato dalla Biblioteca Vaticana in collaborazione con la Biblioteca Nazionale di Israele. La stessa citata da Babhout.

Sul sito della stessa National Israel Library si trova addirittura il catalogo in formato PDF degli scottanti manoscritti vaticani. Con un'agile introduzione storica che raccomando di leggere. Vi si parla di pogrom? No. Di spoliazioni? No. Di confische? No. C'è qualcosa del genere nelle 700 pagine rimanenti del catalogo? Non le ho lette tutte, ma direi di no.

In un articolo relativo alla presentazione del catalogo apparso qui Mons. Fumagalli, bibliotecario all'ambrosiana di milano e giudaista, scrive che "L’aggiunta di un Indice nei nomi dei censori avrebbe, credo, potuto facilitarci nel riconoscere che spesso i codici, recanti le firme dei censori dell’Inquisizione, i passi censurati, le annotazioni, sono anche testimonianza di drammi personali umanissimi, e provengono per vie dirette o indirette da sequestri.". Però del credo e del condizionale di Fumagalli non si trova riscontro nei lavori dei più ...diretti interessati alla restituzioni dei preziosi manoscritti. Viene anche menzionato - a vanvera - l'episodio di Menahem ben Aharon da Volterra, vittima di un saccheggio sì, ma perpetrato da Federico da Urbino ai danni di tutta Volterra, non solo degli ebrei.

I bibliotecari di Roma e Gerusalemme credo siano animati da un sincero amore per la cultura e i libri, che li spinge a conservarli e a spendere le proprie energie per far si che il loro contenuto sia trasmesso fedelmente nel tempo.

Chi oggi ai libri è interessato più per il loro valore simbolico e politico, ora in qualità di ennesima riparazione per i torti subiti nei secoli dei secoli, in fondo appartiene - mi spiace dirlo - un po' alla stessa genìa di chi in passato i libri li censurava, e alla fine li bruciava.

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