L'altro giorno sono andato a visitare Villa La Petraia, una delle ville medicee da pochi anni visitabili quasi interamente. Ho visto dalla finestra, in lontananza, quell'edificio per decenni. Per non parlare del panorama che è possibile apprezzare dalle strade tra Firenze e Sesto Fiorentino che ho percorso innumerevoli volte. Avevo già visitato il giaardino e parco della villa, ma questa era la prima volta che ho avuto la possibilità di visitare l'interno. Anche se il monumento è stato finalmente restaurato e riaperto infatto i custodi sono molto pochi: per questa ragione la visita è possibile solo ad orari prestabiliti, quando c'è un dipendente del Mibact che accompagni i visitatori per le sale. Per la stessa ragione a volte, imprevedibilmente, il parco rimane chiuso ed è possibile visitare solo il giardino all'italiana. L'interno è molto interessante: affreschi del periodo mediceo, lorenese, ma soprattutto mobili, decorazioni e cimeli del periodo in cui la villa era l'abitazione della 'Bella Rosina', amante e poi moglie morganatica di Vittorio Emanuele II. Ma non voglio parlare di questo: nella cosidetta caffetteria, in realtà una stanza con due distributori a moneta e alcuni tavolini, sono stato colpito da questo quadro. Privo di di didascalia e posto, come si vede, proprio sopra i distributori automatici.
Cosa rappresenta questo dipinto? Il cartiglio recita:
hic patvle tristis recubans sub tegmine fici bis vocem audit
tolle lege ingeminare per avras
Letteralmente: 'qui riposando triste sotto l'ampio riparo di un fico fino a
quando ode una voce 'prendi e leggi' che si ripete nell'aria'. In realtà una rapida ricerca in rete mi rende quasi sicuro che si tratti di una copia da un affresco di Marzio Ganassini nel chiostro della SS.Trinità di Viterbo, la chiesa agostiniana. Rappresenterebbe l'episodio del tolle lege, descritto dallo stesso Agostino nelle Confessioni (VIII,13) quando,abbandonato alle sue riflessioni in un giardino udì alcuni bambini gridare "prendi e leggi, prendi e leggi", traendone un'epifania che segnò l'inizio della sua conversione.
Agostino e Alipio sono vestiti all'orientale, il giardino è all'italiana. L'albero di fico rappresenta ancora, probabilmente, l'albero della conoscenza del bene e del male (l'identificazione del melo è di provenienza nordeuropea). Che ci faccia questa copia alla Petraia, e chi l'abbia eseguita, non lo so: probabilmente ci vorrebbe una ricerca d'archivio.
Perché mi ha incuriosito il quadro? Naturalmente per il cartiglio. Che ricalca (non è una rarità) versi di Virgilio ancora noti a qualunque liceale. Dalle Bucoliche, prima ecloga, primo capoverso:
Agostino e Alipio sono vestiti all'orientale, il giardino è all'italiana. L'albero di fico rappresenta ancora, probabilmente, l'albero della conoscenza del bene e del male (l'identificazione del melo è di provenienza nordeuropea). Che ci faccia questa copia alla Petraia, e chi l'abbia eseguita, non lo so: probabilmente ci vorrebbe una ricerca d'archivio.
Perché mi ha incuriosito il quadro? Naturalmente per il cartiglio. Che ricalca (non è una rarità) versi di Virgilio ancora noti a qualunque liceale. Dalle Bucoliche, prima ecloga, primo capoverso:
Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi
silvestrem tenui Musam meditaris avena
silvestrem tenui Musam meditaris avena
Probabilmente il legame con S.Agostino si limita all'ambientazione 'campestre': il redattore del testo probabilmente si è rifatto a un passo noto per essere sicuro di esprimersi in latino corretto.
E... poi apri il giornale e leggi...
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