Saturday 8 January 2011

ITLE' e i crucchi



נחום, sempre lui, mi segnala questo serioso articolo apparso su moked, newsletter dell'UCEI. Il pezzo è una compunta riflessione sulla mostra 'Hitler und die Deutschen' del Deutsches Historisches Museum. Il tono è sommessamente positivo. Curioso, perchè lo scorso ottobre, all'apertura della mostra, non erano mancate le polemiche. E' di poche ore fa la notizia che la mostra è stata prolungata per l'alto numero di visitatori.


In questo, il corsivista di moked vede la dimostrazione che la Germania è finalmente riuscita a raggiungere, con un serio e faticoso processo di recupero della 'memoria', la consapevolezza di un fatto ineluttabile. Che tutto il popolo tedesco, nessuno si senta escluso, anzi.. 


" il popolo tedesco e i popoli dei paesi che appoggiarono la Germania furono interamente responsabili del nazismo. Molti di loro appoggiarono una soluzione finale al problema ebraico. L’assassinio degli ebrei non poteva essere ignorato dalla popolazione, ma al contrario, era tacitamente approvato sulla base di un misto di compiacimento, di indifferenza morale e di paura. E non solo. L’esposizione dimostra come la popolarità di Hitler restò alta fino all’ultimo, anche quando la guerra era chiaramente perduta, la sconfitta trascinava nella rovina decine di milioni di vite umane e le condizioni di vita si facevano insopportabili."  


La posizione è, a dir poco, über-Goldhageniana, e - temo - egualmente traballante. Non solo i tedeschi (che non smetteranno mai di essere colpevoli), ma anche gli italiani, giapponesi, romeni, finlandesi, ungheresi... Tutti colpevoli. E' vero, ad esempio, che la popolarità di Hitler rimase alta fino all'ultimo, ma non credo che c'entrasse ne la volonta di sterminare gli ebrei, ne quella di prolungare la vita del regime: era più che altro la paura - fondatissima - delle razzie e delle violenze dell'Armata Rossa. Tutti colpevoli, certo.


Il successo della mostra su Hitler era più che prevedibile.  Ma la spiegazione non credo risieda in un inusitato desiderio masochistico di espiazione da parte del Volk tedesco. Le ragioni sono sempre quelle descritte già con semplicità da Robert Harris in 'I diari di Hilter' (Selling Hitler) - il racconto dello scandalo dei falsi diari della Stern. Zio Adolf, per usare le parole di Trevor-Roper, è stato il Gengis Khan del XX secolo. Per molti una enigmatica figura tra il tragico e l'operatico, per alcuni - incofessabilmente - il protagonista di una success story, fino al 1942, ineguagliabile. In 65 anni si sono accumulati letteralmente decine e decine di migliaia di pubblicazioni su AH. Centinaia e centinaia di film e documentari. 
Una mostra sul Fuhrer a Berlino tutto sommato fa discutere solo perché è stata organizzata nella capitale tedesca da un ente governativo.


Tuttavia, quale sia il medio livello della sterminata produzione mediatica sul caporale austriaco, quale sia l'effettiva e catartica presa di coscienza dei tedeschi, lo mostra  in due minuti il bravo Jesko Friedrich, di cui per l'occasione ho sottotitolato in inglese un altro sketch, risalente a circa 5 anni fa,  dopo il sessantennale della fine della IIGM. 


Forse per moked sarebbe stato più realistico attaccare ancora la mostra come un'operazione nostalgica e pericolosa, parlare del germe del nazismo sempre presente nel popolo tedesco Der Schoß ist fruchtbar noch, aus dem dies kroch (Brecht). Eccetera.



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