L’altro giorno è ricomparso sistemando una scatola di vecchie cianfrusaglie appartenute a mia nonna. E’ il dizionario di Greco usato al Liceo da mio zio, scomparso ormai quasi tre decadi or sono. A parte qualche foto in bianco e nero – quelle infantili sembrano appartenere ormai a un’era lontanissima – di lui non ci rimane molto altro. Qualche altro libro (sempre di argomento piuttosto piccante); forse da qualche parte c’è ancora il cappello da goliardo o l’uniforme da allievo ufficiale (per la quale lo zio fu costretto a stracciare la tessera del PCI) ma con ogni probabilità è già tutto sparito o consegnato ai miei cugini.
Non mi è riuscito di trovare molte informazioni su questo dizionario. La prozia rimasta zitella che aveva fatto da tata allo zio (e a mia madre, e poi al sottoscritto e a suo fratello) ne parlava come di un incunabolo preziosissimo. Forse perché lei non era certo arrivata al ginnasio, ma anche perché probabilmente si ricordava dei sacrifici fatti per acquistarlo.
Il libro è rilegato in tela e in pelle, forse un surrogato, molto sottile: dopo quasi 70 anni è ancora in ottime condizioni. Non c’è curiosamente alcuna scritta sulla copertina o sul dorso. 1200 pagine circa: è più conciso dei dizionari recenti, ma non pecca – per quanto possa giudicare – di scarsa chiarezza. Il frontespizio recita:
Benedetto Bonazzi, l’autore, nato da umili origini entrò nei Benedettini, sì laureò in filologia a Napoli, terminò la carriera come arcivescovo di Benevento. A lui sono intitolate vie, fondazioni e scuole. Divenne noto per il suo dizionario, prima della seconda guerra mondiale era uno dei più usati nei licei classici, pare. La prefazione della copia in mio possesso, edita per i tipi della ‘S. anonima. Alberto Morano Napoli’ precisa che si tratta della revisione della prima edizione, in uso dal 1880 al 1927. Generazioni di futuri appartenenti a quella borghesia che, se non fece proprio l’Italia, almeno ne cementò le fondamenta, ci hanno sudato sopra negli anni formativi cruciali. Come oggi si studia (o si dovrebbe studiare) sul Rocci o sul Montanari. Oggi la memoria di quel libro è quasi scomparsa, un po’ dopo la maturità scompaiono le nozioni di Greco o Latino apprese controvoglia.
La data riportata sul frontespizio è rilevante. 1943-XXI. L’ultimo dell’E.F. Mio zio acquistò quasi certamente il libro di seconda mano qualche anno dopo, da ginnasiale. Credo che però vedere quel XXI ogni volta che apriva il dizionario gli riportasse alla memoria ricordi recenti non molto piacevoli. Tre anni prima di quella data aveva dovuto, ancora bambino, abbandonare precipitosamente in aereo Bengasi, la sua città natale, insieme alla madre e alla sorella, letteralmente sotto il fuoco nemico. Il padre era stato appena fatto prigioniero dagli inglesi, e non lo avrebbe rivisto (e come, al suo ritorno) ancora per sei anni. L’anno XVIII cambiò tutto, e non solo per mio zio. A me rimane qualche vecchia storia che ormai non sento raccontare da quando andavo alle elementari, e il suo dizionario di Greco.
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